Considerazioni sui rilievi tecnici per una corretta consulenza Grafologica “Professionale”
Basterebbe poco per effettuare i rilievi tecnici adeguati per una corretta consulenza Grafologica “Professionale”’
Certo che in tutti questi anni trascorsi a fare il grafologo forense, ed in particolare ad espletare rilievi tecnici, ne ho viste tante, di belle e di brutte (lasciando stare quelle ridicole).
Ciò considerando l’aspetto puramente oggettivo, non mi azzarderei naturalmente ad espormi sul criticare il contenuto logico e soggettivo di tutti gli step ed in particolare quelli relativi alle cognizioni impostate sul lavoro Grafologico puramente così svolto.
Ricordo ancora quando presso un notaio, noi grafologi eravamo intenti ad effettuare dei rilievi tecnici fotografici riguardo un certo documento, io ero lì con la mia attrezzatura: una reflex con flash wireless, una bridge sprovvista di filtro Cut-Off per riprese con tecnologia all’infrarosso ed all’ultravioletto con i relativi filtri a varie lunghezze d’onda I.R. ed U.V., i diversi illuminatori e per finire con i miei più cari strumenti tecnologici, ovvero il fido pc portatile, il microscopio “a forma di mouse” e lo scanner “che non mi lascia mai”.
L’altro consulente, al contrario, era “addirittura” attrezzato (solo) di un eccezionale strumento tecnologico, che a suo dire riusciva ad operante anche in modalità multifunzione e multitask; mentre lo estraeva dalla “24 ore”, osservandolo con più attenzione, mi accorgo laconicamente e con stupore che questo eccezionale strumento era un semplice tablet di una nota marca.
E’ non vi dico di quando colui/ei nel bel mezzo di importanti operazioni peritali, osservando la mia attrezzatura esclamò spavaldamente, dall’alto della sua integerrima autorevolezza, “interessante la tua strumentazione, ma avrai speso un sacco di soldi……..inutilmente direi, vedi io invece ho solo questo (mostrandomelo)…………..un buon telefonino dalle ottime capacità fotografiche………basta questo…….. fidati”.
L’imbarazzo che si crea nella mia mente quando leggo quelle consulenze, anche d’Ufficio, nelle quali per segnalare i punti caldi, ovvero quelli più dimostrativi del tratto grafico in questione, vengono “disegnati” a mano libera sulle immagini stampate frecce, linee, quadrati, esagoni, triangoli, galline e gallinacci messi lì alla rinfusa sprovvisti di senso logico, ma comunque stupendamente multicolori.
O di quel consulente che, nel tentativo di giustificare dei miei richiami fatti in delle osservazioni ad una CTU, tentò di spiegare le varie tonalità di colore adducendo che “i pixel ed i bit sono la stessa cosa”; oppure di quel consulente che rispondendo sempre a delle mie osservazioni alla sua consulenza d’ufficio replicò che i rilievi tecnici espletati attraverso strumentazione con tecnologia IR o UV portano alle stesse conclusioni, in quanto le due tecnologia “guardano” lo stesso aspetto tecnico.
Per finire con quel CTP che non venne alle operazioni peritali adducendo al cliente stesso che l’aveva fatto per “per non disturbare”, o con quel, sempre CTP, che durante delle O.P. si espresse che non effettuava dei rilievi nei confronti del documento conteso, presente in originale, ma stava eseguendo, a suo dire, ad una acquisizione, ben inteso che fece inserire a verbale la questione.
Naturalmente io non sono un Professore, non posseggo l’autorevolezza per poter imporre determinati stimoli e non voglio essere quello che secondo lui è il “so tutto io”; ma le vicissitudini che ho appena accennato mi hanno fatto profondamente riflettere sul perché ci troviamo davanti a determinate problematiche.
Gli attori che vi hanno partecipano, le loro ingerenze sono sicuramente state innescate dallo sconoscere le teorie, la validità, la dimensione e la completa padronanza dei mezzi tecnologici e delle relative operazioni informatiche che sono necessari per avere quel quantum di equilibrio logico di accettabilità da mettere in atto per avere un prodotto finale di quantità e qualità da poter adoperare, almeno con sufficienza, nelle proprie consulenze.
Di questo posso esserne sinceramente certo, perché poi i risultati vengono alla luce leggendo le documentazioni inerenti, dove si evidenziano tra l’altro immagini sfocate oppure ingrandite così come viene, alla meglio, senza criterio e senza portare a conoscenza delle percentuali d’ingrandimento; non solo, molte volte vengono apportate impostazioni di trasformazioni irregolari all’immagine stessa, finendo così per darle un aspetto completamente diverso dall’originale.
Altro aspetto di cui si tiene poco conto, ma che, al contrario, deve essere contemplato in ogni nostro lavoro peritale, è ogni nostra “intromissione” in tutta la procedura inerente i rilevi tecnici.
l’Iter a cui si deve poi il prodotto finale, per esempio l’immagine da inserire nella consulenza, deve essere sempre tracciato e replicabile; ovvero, non solo devo fornire l’esatto iter attraverso il quale sono arrivato ad un determinato risultato, ma devo anche fornire le basi sulle quali attuare detto processo; ovvero rendere espliciti quali attrezzature tecniche ed informatiche e software ho adoperato.
Questo è fondamentale perché le norme metodologiche che organizzano tali operazioni, i rilievi tecnici quindi, prevedono che le stesse possano essere replicate, al fine di verificare il risultato a cui si è giunti; quindi anche le altre parti devono essere in grado di eseguire le medesime operazioni per poter confutare o meno il risultato.
Naturalmente non voglio ridicolizzare nessuno, ma è sicuro che l’esistenza di schemi e sequenzialità predefinite ed accettate come l’esatta metodologia da seguire esattamente ed attraverso le quali effettuare una ricognizione e/o lavoro nel campo peritale Grafologico ci sono, è sono state anche messe nero su bianco; vedi quelle ENFI attraverso le “best pratice manuale for the forensi examination of handwriting vers.02/2018″.
Quindi non invento niente di nuovo, in quanto già esistono linee metodologiche, deontologiche, etiche e professionali stabile da seguire, sia esse a carattere generale, che a carattere speciale; ma è pur vero che a volte non vengono seguite così come dovrebbe essere, finendo il più delle volte ad essere interpretate e praticate a piacimento ed a seconda del caso in trattazione.
L’uniformità dei contesti, questo è l’aspetto che spero di riuscire a rendere più evidente con queste righe, almeno nel campo relativo ai rilievi tecnici ed all’uso degli “oggetti” che la tecnologia ci mette a disposizione per operare al meglio, e fino a “prova d’errore”, nel nostro caro campo grafologico.
Quindi il discorso va al di là dell’essere CTU, CT del PM, Perito del Giudice o CTP, ma si insinua proprio lì dov’è il confine dell’essere professionale ed eticamente corretto, con l’essere un amante del così come viene, tanto sono stato nominato CTU, quindi faccio un po’ come mi pare………..;
Non voglio certamente criticare più di tanto e tantomeno imporre taluni comportamenti, ma sorge in me la convinzione di poter almeno tracciare e rinnovare quelle linee guida relative all’educazione del come fare o non determinate operazioni e procedure in occasione di consulenze grafologiche.
Perché non è possibile che un grafologo forense professionista, anche solo a livello di sensazione, abbia l’idea che un’immagine rilevata con una reflex possegga le stesse caratteristiche, peculiarità e qualità di una ripresa con uno smarphone o con un tablet?
Vi invito pertanto a leggere i miei articoli per farvi rendere conto delle diversità tecniche e tecnologiche inerenti le impostazioni della qualità che, se regolate in maniera efficace, andranno poi a ripercuotersi in una fruizione ottimimale dell’immagine finale.